mercoledì 6 novembre 2013

Il Professor Sartori, Luigi XVI, la Casta e l'infame Articolo 67 della Costituzione



La casta ha paura, e si vede. 

Oggi il professor Giovanni Sartori pubblica un suo articolo per il "Corriere della Sera" dove difende a spada tratta il vergognoso articolo 67 della costituzione, quello strumento segreto del potere della casta e ancora di salvezza per la plutocrazia, definito da Beppe Grillo sul suo blog un mezzo per la circonvenzione di elettore.

Che il professore fosse un aristocratico contrario alla Democrazia Diretta si sapeva. Ma stavolta l'eminente costituzionalista arriva ad affermare che tutti gli eletti in parlamento del M5S dovrebbero decadere immediatamente da parlamentari in quanto avendo sottoscritto l'impegno di rispettare la volontà degli elettori ed il programma del M5S sarebbero in flagrante reato di mandato imperativo. 

Va da se che con questa mossa la casta si è sparata sui piedi da sola. Infatti sollevando questa polemica per colpire Grillo, proprio ora che sta risalendo nei sondaggi, il professor Sartori mette inevitabilmente in piazza e sotto gli occhi di tutti la truffa storica orchestrata da Luigi XVI per poter corrompere i rappresentanti inviati dai cittadini durante la rivoluzione francese. Rende infatti evidente a tutti come il famigerato Articolo 67 della costituzione consenta ai candidati di inventare tutte le promesse elettorali e sottoscrivere tutti impegni programmatici che vogliono con gli elettori durante le elezioni, perchè tanto non saranno mai tenuti a rispettarle. E che è grazie a tale articolo che la Democrazia Rappresentativa consiste in una farsa che rende la politica, invece di una discussione seria sulle proposte, una corsa a promettere sogni e cambiamenti, tra figuranti che si sfidano a chi sa convincere meglio le masse delle proprie bugie.

E' ora che si dica la verità, iniziando a ricordare l'origine lontana di questo crimine che trasformò la straordinaria idea di Democrazia Diretta ateniese in quel teatrino per la manipolazione dei popoli che oggi chiamiamo democrazia rappresentativa. Il grande inganno che ancora oggi perdura nel silenzio e nella complicità generale dei media fu compiuto durante la Rivoluzione Francese.

In principio, durante la prima assemblea democratica francese, con l'assemblea degli Stati Generali tenutasi il 5 maggio 1789 e la costituzione dell’Assemblea nazionale il 17 giugno del medesimo anno, fu stabilito il mandato imperativo, cioè l'obbligo imperativo per i rappresentanti di rispettare il mandato dei cittadini che li avevano delegati. I rappresentanti inviati a Parigi da tutte le regioni e le città della Francia avevano con se dei fogli con scritte le richieste dei cittadini delle loro regioni, che gli erano stati consegnati ufficialmente dagli stessi durante la cerimonia pubblica di investitura e che si erano impegnati a rispettare. 

Ma già nella seduta del 23 giugno 1789, re Luigi XVI, non riuscendo a corrompere o minacciare i rappresentanti a causa del mandato imperativo, si rende conto di doverli liberare da tale vincolo, e per ottenere ciò offre in cambio su un piatto d'argento di cedere su due importantissime richieste del terzo stato: la libertà di stampa e il controllo delle imposte. Come avrebbe potuto il popolo dire di no di fronte a tanta generosità del loro Sovrano, in cambio di una (apparentemente!) piccola rinuncia come quella al mandato imperativo? E così andarono le cose.

Come riporta il costituzionalista Luigi Principato:

"[...] Nella seduta del 23 giugno 1789, Luigi XVI accoglie alcune rivendicazioni borghesi, riconoscendo la libertà individuale e di stampa e concedendo che siano gli Stati Generali a deliberare le imposte; per il resto, attua una politica autoritaria, non accogliendo le richieste di voto per teste, pretendendo l’annullamento delle deliberazioni sino ad allora assunte dall’Assemblea e contestando quest’ultima nella sostanza, imponendo che gli ordini si riuniscano e deliberino separatamente. Nella medesima ordinanza, il Sovrano dichiara "la nullità dei mandati imperativi", proprio al fine di evitare che i rappresentanti impediscano il regolare funzionamento dell’assemblea, eccependo le limitazioni dei rispettivi incarichi. “Nemesi della storia”, com’è stato acutamente osservato dal Prof.  G. Azzariti.
[...] L’assenza del vincolo di mandato, nell’esperienza rivoluzionaria che porterà alla approvazione della Costituzione monarchica del 1791, diviene immagine di una sorta di sovranità assembleare, più che popolare. Ciò proprio perché, nella prima fase della rivoluzione, la monarchia è ben lungi dall’essere osteggiata: l’assolutismo di Luigi XVI cade sotto la scure delle rivendicazioni del Terzo Stato, ma la Costituzione del 1791 recepirà comunque un’ambigua forma di governo duale, caratterizzata dall’Assemblea e dal Re, entrambi promanazione della Nazione. 
Siffatta sovranità assembleare sembrerebbe apparentemente neutrale per il profilo sostanziale: il Re pretende di sfruttarla per mantenere e consolidare i privilegi dell’Ancien Regime ed il sistema monarchico, mentre i rappresentanti riuniti nella sala della Pallacorda la invocano quale strumento di affermazione dei nuovi ideali del nascente astro borghese. [...] La formazione dell’Assemblea Nazionale può essere considerata, alla luce dei successivi sviluppi, il primo passo dell’espressione di un potere costituente che nel celebre giuramento si dichiara lapidariamente: "i rappresentanti non siedono più, nell’assemblea, per rappresentare gli specifici interessi di questa o quella corporazione. La necessità ne ha plasmato il ruolo e la funzione, esaltando la situazione rappresentativa e svilendone l’originario rapporto con i rappresentati."

Tale vergognosa disposizione fu poi confermata dall’articolo 52 della Costituzione dell’anno III della rivoluzione (22 agosto 1795), che aggiunse per l’appunto il divieto di mandato imperativo a quella analoga approvata dall’Assemblea nazionale con legge 22 dicembre 1789 in cui, in reazione allo spirito particolaristico delle precedenti assemblee, si affermava: “I rappresentanti nominati all’Assemblea nazionale dai dipartimenti non potranno essere considerati come i rappresentanti d’un dipartimento particolare, ma come i rappresentanti della totalità dei dipartimenti, cioè della nazione intera” (art. 8); “pertanto (...) i rappresentanti all’Assemblea nazionale non potranno mai essere revocati, e la loro destituzione non potrà essere che la conseguenza di una condanna” (art. 11).

La trappola era servita. La Rivoluzione Francese era divenuta da una rivoluzione del popolo ad una rivoluzione della sola casta borghese di eletti e politicanti. E al popolo, come al solito, niente.

Il professor Sartori, difendendo l'indifendibile l'articolo 67, fonte di ogni potere e privilegio della classe politica, dimostra di appartenere di diritto a quella casta "illuminata" di elitisti che furono corrotti dal monarca Luigi XVI, e per i quali il popolo in fondo è solo una bestia da domare, un capriccioso demente da imbonire con tante false promesse, una rottura di scatole di cui sbarazzarsi all'indomani stesso delle elezioni.

Oggi grazie al Movimento 5 Stelle ancora una volta i cittadini si sono svegliati e sono pronti a riunirsi per una nuova rivoluzione. Internet è oggi la nostra Sala della Pallacorda.

Se all'epoca la battaglia era tra il feudalesimo e la democrazia rappresentativa, oggi è tra la democrazia rappresentativa e la democrazia diretta.

Ma la direzione e l'obiettivo della guerra di oggi è sempre la stessa di allora: restituire la sovranità al popolo.

E il lavoro non è ancora finito.

7 commenti :

  1. Per lavoro sono in possesso di un testo che uso di del Giudice (di cui riporto integralmente una parte), dove si capisce bene che il principio dell' articolo 67 è più alto rispetto a quanto si legge in questo post (e Sartori se ne appella in modo ipocrita ma ineccepibile). Il fatto che si abusi di questo principio non significa che il principio sia sbagliato e superabile eliminandolo.

    La norma sancisce il divieto del mandato imperativo, per il quale il parlamentare non può accettare alcuna istruzione o direttiva circa l'esercizio delle sue funzioni, e ciò a tutela della
    sua indipendenza da qualsiasi potere politico,economico o sociale. [...]
    La mancanza di una responsabilità giuridica del parlamentare nei confronti dei propri
    elettori non esclude, però, una sua responsabilità politica che il corpo elettorale può far valere solo in caso di nuove elezioni quando avrà la possibilità di esprimere un giudizio sull'operato del parlamentare che si ripresenta candidato, confermandogli o negandogli (nel caso la condotta del parlamentare non abbia risposto alle aspettative) la propria preferenza.
    Il porcellum di fatto ha aggirato questo articolo con le liste bloccate. Ma il problema da risolvere è il porcellum e non l'abrogazione di questo articolo.
    La versa soluzione a questo problema l'ha risolta il m5s impedendo a monte la ricandidatura oltre il secondo mandato.

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    1. Gianni magari fosse come dice il testo che citi.
      Magari l'articolo 67 sancisse solamente l'indipendenza del parlamentare dai poteri economici, dai partiti o dai sindacati. Sarebbe un articolo rispettabilissimo e sacrosanto. Purtroppo l'articolo 67 dice ben altro. Esso afferma che il parlamentare non ha vincolo di mandato con NESSUNO, e quindi neanche con i cittadini che lo hanno eletto. E affermare il principio che in una democrazia non si è vincolati a rappresentare il mandato dei cittadini (non di segretari di partito o poteri forti, ma dei cittadini!) è una contraddizione in termini!
      Se si è vincolati a rappresentare il mandato dei cittadini si è in democrazia, se invece non si è vincolati si è in una monarchia. Anche Napoleone fu eletto imperatore per acclamazione dai cittadini francesi, ma nessuno si sognò di dire che quella di Napoleone fosse una democrazia.
      Oggi invece abbiamo tanti piccoli Napoleoni che siedono in Parlamento, e che si comportano credendosi tali, e nessuno realizza che se il paese è finito in questo stato è proprio perché l'articolo 67 rappresenta il lasciapassare per far rientrare dalla finestra quella stessa oligarchia che era stata buttata fuori dalla porta durante la rivoluzione francese.
      Finché la nostra meravigliosa costituzione avrà quella "porta di servizio" per la plutocrazia, la sua natura profondamente democratica continuerà ad essere quotidianamente sovvertita.

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    2. permettimi di ribattere, io qui vorrei analizzare lo spirito di questo articolo e non dell'abuso chese ne fa ( e insisto Sartori non lo cita certo in difesa di questo spirito ma in modo strumentale). Il 67 nasce per far si che un eletto da una rappresentanza locale debba non rispondere soltanto a questa rappresentanza locale ma assuma il suo ruolo a livello nazionale nell'interesse globale. E' nella eventuale rielezione o non rielezione che gli elettori lo premieranno o lo bocceranno. vicevera non mantenendo questa libertà a mio avviso emergono dei rischi di una strumentalizzazione di questo vincolo.

      Mi permetto di citare ancora questo testo di del Giudice che cita la Cacciata di Fini dal pdl come esempio delle conseguenze dell'elusione del 67,

      [..]
      Il problema del vincolo di mandato si propone in tutta la sua complessità in relazione ai rapporti
      che si instaurano tra membro del Parlamento e partito politico di appartenenza.
      La linea politica adottata dal partito, infatti, si sovrappone il più delle volte agli orientamenti personali
      del parlamentare, così che questi può scadere a mero portavoce del partito in seno al Parlamento
      soprattutto se viene designato dai vertici del partito con il sistema della «liste bloccate» e non eletto
      liberamente dai cittadini nella rosa dei candidati.
      I casi di «ribellione» alla linea e alle direttive del partito sono puniti, a mo' di caserma, con
      sanzioni disciplinari che possono giungere fino all'espulsione dal partito e alla richiesta di dimissioni
      dei ribelli dalle cariche ricoperte. L'ultimo esempio. dell'aprile 2010, è fornito dalla contrapposizione
      fra il Presidente del Consiglio (nonché leader del partito di maggioranza)e il
      Presidente della Camera. che ha portato all'esplicita richiesta di dimissioni da parte del primo nei
      confronti della terza carica dello Stato, proprio a causa delle insanabili divergenze politiche emerse
      durante la Direzione nazionale del partito.

      Personalmente vedo nella cancellazione del 67 un rischio di aggravamento dei problemi del porcellum.


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    3. Gianni tu scrivi che "Il 67 nasce per far si che un eletto da una rappresentanza locale debba non rispondere soltanto a questa rappresentanza locale ma assuma il suo ruolo a livello nazionale nell'interesse globale."

      Ma è proprio questo l'assurdo. Non te ne rendi conto?

      Se una volta eletto il rappresentante non deve più rappresentare gli interessi dei cittadini che lo hanno scelto per DIFENDERE I LORO INTERESSI, selezionandolo proprio in base a QUANTO LE SUE PROMESSE E I SUOI PROGRAMMI RIFLETTESSERO I LORO BISOGNI E I LORO PROBLEMI più urgenti, come puoi imporre al parlamentare di dimenticare tutto una volta entrato in parlamento ed iniziare a rappresentare solo gli interessi generali di TUTTI gli italiani?
      A cosa servirebbe allora avere centinaia di eletti in parlamento se invece di rappresentare numericamente e nella giusta proporzione gli interessi degli specifici corpi elettorali che li hanno eletti, votassero tutti allo stesso modo in base ad un generico "italiano medio" ideale che non esiste e che nessuno può consultare per sapere cosa pensa?

      Non capisci che si tratta di un trucco per sfuggire ai loro doveri di rappresentanti e dipendenti dei cittadini, che li hanno inviati li in loro vece solo ed unicamente per l'impossibilità fisica di andarci loro o di essere presenti tutti nello stesso spazio fisico del parlamento.

      Ma oggi, grazie ad internet, che elimina le distanze e la necessità di presenza fisica, l'elezione di rappresentanti e delegati è divenuto un inutile costo, un retaggio storico senza ragione d'essere se non la preservazione del potere della casta che fino ad oggi ha approfittato dell'articolo 67 per piegare la democrazia a proprio vantaggio.

      L'articolo 67 potrebbe essere ridefinito come "Ogni membro del Parlamento rappresenta i suoi Elettori ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato nei confronti di nessuno tranne che dei suoi elettori.". Ma sarebbe inutile, perché ormai non serve più alcun articolo 67, come non serve più la stessa democrazia rappresentativa. E' finita. Andata. Superata. E continuare a illudersi che esista ancora al di fuori del teatrino politico che quotidianamente la stampa corrotta e serva del potere offre al pubblico ignaro per fargli credere che il sistema sia vivo e vegeto, è un atto irresponsabile e criminale.

      La storia punirà duramente coloro che difenderanno l'articolo 67, lasciandoli a gridare soli e disperati contro l'avanzare inarrestabile della locomotiva del progresso che renderà i rappresentanti politici obsoleti come i cocchieri delle antiche carrozze dopo l'avvento delle automobili.

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    4. io ho ben capito la distorsione, (è sotto gli occhi di tutti ) che se ne è fatta del 67, Quello che non conosciamo sono gli effetti di una sua cancellazione.

      Altra cosa che vedo sono i frutti della rappresentanza degli eletti del m5s da quando è dentro alla rappresentanza politica, anche con la possibilità che gli eletti nel m5s abusino di questa libertà. Ed è proprio il numero ridotto di abusi all'interno nel m5s mi fa pensare che secondo me il 67 non andrebbe toccato.
      In genere si sta vedendo che quelli che escono per un motivo o un altro si tagliano fuori da soli.
      E gli elettori non di certo no li voteranno più. Il problema è nel porcellum e continuo a pensare che sia un errore dare potere di vita o di morte al partito ( o movimento) con cui è stato eletto un rappresentante.

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  2. Tutti questi equilibri decennali,stanno scricchiolando,e proprio le eminenze grige della finta sinistra istituzionale,fanno di tutto per convincere chi non ci sta ai loro intrallazzi che vengono dai tempi del cinema muto,a abbassare la testa alle logiche dei cazzi loro che nessuno deve mettere in discussione....mi fa pena sto tizio...

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  3. Posso capire l'articolo 67, solo se a rispettarlo, fossero deputati con un indubbio senso morale, cioè con uno spirito di abnegazione rivolto solo al bene della nazione, ma così non è stato, e non lo è neppure al momento. Non ci resta, se si vuole veramente che le istanze degli elettori siano rispettate, che il parlamentare sia solo un "portavoce"

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